Sparare in campagna non è reato

Scritto da: Dott. Ciro Cardinale

di Ciro Cardinale

Rivista penale italiana – ISSN 2785-650X

Abstract

There is no crime referred to in art. 703 of the italia criminal code in case you shoot in the countryside, away from inhabited places or public roads.

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Non è configurabile la contravvenzione di cui all’art. 703 c.p. nel caso in cui si spari in campagna, lontano da luoghi abitati o vie pubbliche. È questo in estrema sintesi il contenuto di una recente decisione della Corte di cassazione penale ([1]), che ha annullato senza rinvio la sentenza del giudice di merito perché il fatto non sussiste.

 

Il fatto. Un uomo era stato condannato in primo grado dal Tribunale di Grosseto per la contravvenzione di cui all’art. 703 c.p., “per avere, senza licenza, nelle adiacenze di un luogo abitato, sparato diversi colpi di arma da fuoco”, mentre veniva assolto per il reato di porto illegale di armi (una pistola calibro .22lr). L’imputato, titolare di una regolare licenza di porto di fucile per uso tiro a volo, con la sua pistola regolarmente denunciata si stava esercitando nel tiro all’interno di un terreno di proprietà della suocera; i colpi di arma da fuoco hanno però allarmato i vicini, che hanno così allertato i carabinieri i quali, giunti sul posto, hanno sospeso il tiro, sequestrato l’arma e denunciato il fatto alla locale procura della Repubblica. Al successivo processo di merito il giudice, respinte le argomentazioni della difesa, ha condannato l’uomo e confiscato l’arma, ritenendo che l’esercitazione a fuoco non si sarebbe svolta in condizioni di sicurezza perché la proprietà era aperta e sita nei pressi di una strada di collegamento tra vari gruppi di case, per cui chiunque avrebbe potuto avvicinarsi alla zona e rimanere attinto dai proiettili esplosi. Il difensore dell’imputato, nel proporre ricorso per Cassazione contro tale decisione, ha precisato invece che il condannato stava sparando in un campo chiuso, in direzione di una cassetta di legno, protetto ai lati da cataste di legna e verso una collina terrapiena a 150 metri di distanza; il luogo poi non era abitato, per cui non sussisteva alcun pericolo per la pubblica incolumità, esulando quindi i fatti di causa dalle condizioni previste dal legislatore per la configurabilità della contravvenzione contestata (art. 703 cit.).

 

La decisione della Cassazione. Con la sentenza qui annotata, sintetica quanto chiara nel suo contenuto, la prima sezione penale ha accolto il ricorso del difensore dell’imputato, cassando la decisione di merito perché nei fatti di causa non si sarebbero verificate le condizioni dettate dall’art. 703 c.p. per la configurazione del reato ivi previsto. In particolare tale norma, rubricata come Accensioni ed esplosioni pericolose, richiede che lo sparo di armi da fuoco, l’accensione di fuochi d’artificio, il lancio di razzi, l’innalzamento di aerostati con fiamme o, comunque, qualunque tipo di accensioni o esplosioni pericolose avvengano “in un luogo abitato o nelle sue adiacenze, o lungo una pubblica via o in direzione di essa”, ipotesi tutte che non si sarebbero verificate nel caso di specie. Infatti, secondo i giudici di legittimità, “i colpi di pistola sono stati esplosi in campagna, in luogo posto in prossimità (distanza non meglio precisata) di una strada rurale; non pertanto in uno dei luoghi indicati dalla norma incriminatrice”, per cui tale fatto non ha di per sé “posto in concreto pericolo il bene giuridico tutelato (la vita e l’incolumità fisica riferibile ad un numero determinato di soggetti)” ([2]). Da qui l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata perché il fatto non sussiste, la revoca della confisca dell’arma e la sua restituzione al legittimo proprietario. La scelta operata dalla Corte di cassazione appare corretta. I giudici supremi hanno annullato una sentenza di merito basata su valutazioni soggettive circa la possibile pericolosità della condotta posta in essere dall’imputato, senza tenere conto del fatto che il legislatore ha già fatto le sue valutazioni sui luoghi dove usare le armi da fuoco e sulle distanze di sicurezza da rispettare già all’interno della normativa sulla caccia ([3]), mentre l’art. 703 c.p., applicato dal giudice toscano al cose concreto sottoposto al suo esame, regola gli spari e le accensioni pericolose nelle adiacenze dell’abitato, nozione che indica uno spazio di alcune decine di metri dalle ultime case. Sul punto già altre decisioni della Cassazione e del Tar hanno escluso la responsabilità penale ed amministrativa in casi analoghi a quello posto oggi sotto la nostra lente. In particolare la Cassazione penale ([4]) ha confermato la decisione di merito che ha prosciolto perché il fatto non sussiste gli imputati dal reato di porto e detenzione abusiva di armi, per avere trasportato armi da fuoco presso una proprietà privata per esercitarsi al tiro, in quanto “l’autorizzazione al porto di un fucile rilasciata per l’esercizio della caccia rende legittimo il porto di detta arma anche se attuato non per l’attività venatoria, ma per fini diversi, anche non leciti”, quindi pure il porto di tale arma in luoghi privati, come il fondo di proprietà, e non necessariamente in poligoni e campi di tiro autorizzati ([5]). Anche il Tar Veneto ([6]), nell’annullare il provvedimento prefettizio che aveva vietato ad un soggetto di detenere armi, munizioni ed esplosivi in pendenza di un procedimento penale ex art. 703 c.p. per avere, insieme ad un amico, sparato con proprie armi “nel campo di terra adiacente la loro abitazione, la quale si trova nelle immediate vicinanze di altre abitazioni, creando così pericolo per l’incolumità pubblica”, ha affermato che la condotta contestata al ricorrente non risulta espressamente vietata da alcuna norma giuridica, anche perché nell’ambito del procedimento penale il PM aveva rilevato che “gli indagati sparavano a fini ludici/sportivi con armi regolarmente detenute, in aperta area campestre di loro proprietà pertinente alla loro abitazione, con modalità pertanto non tali da porre concretamente in pericolo l’incolumità di indeterminate persone”, chiedendo così al GIP l’archiviazione del procedimento penale.

 

Conclusioni. All’esito della disamina della giurisprudenza fin qui illustrata deve dedursi che è sicuramente legittimo l’esercizio del tiro a fuoco nei fondi di proprietà privata, purché svolto lontano da luoghi abitati o vie pubbliche e – aggiungiamo noi – nel rispetto di determinate misure minime di sicurezza (fondo recintato posto a debita distanza da abitazioni o vie di libero transito, linea di fuoco diretta verso un luogo sicuro, ecc.).

 

[1] Sez. I, 20 aprile 2022, n. 19888.

[2] V. anche Cass. pen., sez. I, 22 settembre 2006, n. 37384.

[3] Legge 11 febbraio 1992, n. 157, il cui art. 21 vieta l’attività venatoria “nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali; nelle zone comprese nel raggio di cento metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro e a distanza inferiore a cinquanta metri da vie di comunicazione ferroviaria e da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali ed interpoderali” (lett. e) e pone il divieto di “sparare da distanza inferiore a centocinquanta metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezza la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro; di vie di comunicazione ferroviaria e di strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali ed interpoderali; di funivie, filovie ed altri impianti di trasporto a sospensione; di stabbi, stazzi, recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero ed all’alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione agro-silvo-pastorale” (lett. f).

[4] Sez. III, 11 aprile 2016, n. 14749.

[5] È nota la distinzione tra “porto” e “trasporto” di armi. Portare un’arma significa tenerla addosso sulla propria persona o comunque a portata di mano per un immediato utilizzo, quindi anche carica e “pronta all’uso”; il trasporto invece consiste nella movimentazione della stessa e delle relative munizioni da un luogo all’altro, in modo da evitare però un impiego immediato da parte di chiunque (altrimenti si configura il porto). In questo caso l’arma va tenuta scarica, preferibilmente smontata e custodita in un’apposita valigetta chiusa a chiave.

[6] Sentenza 12 ottobre 2021, n. 1205.